Silvia Ronchey, citare con stile
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« Questo non è volare: questo è cadere con stile». Era la battuta chiave del Toy Story originario, anno 1995. Ed era, in realtà, una lezione di critica letteraria sotto mentite spoglie. All'inizio della storia, infatti, tocca a Woody, petulante cowboy in miniatura, accusare l'astronauta giocattolo Buzz Lightyear di sfruttare la forza di gravità per le sue picchiate e giravolte.
Alla fine del film è lo stesso Buzz a impossessarsi dell'interpretazione, se non che, nel medesimo momento in cui ammette di 'cadere con stile', il balocco sta effettivamente volando. A fare la differenza è la consapevolezza, l'accettazione della realtà, la capacità di trasformare in risorsa – lo 'stile', appunto – il limite imposto dalla finzione. Qualcosa di simile si verifica, con le dovute differenze, ne Il guscio della tartaruga, il nuovo e come sempre eruditissimo libro di Silvia Ronchey. Che è un catalogo di «vite più che vere» di grandi figure del passato non necessariamente remoto (si arriva fino a Stevenson, Warburg, Borges), ma è anche un gioco, un attualissimo game.
Ci si collega al sito della casa editrice (http://home.edizioninottetempo.it /), si risponde a qualche domanda e, se non si fanno errori, ci si trova in possesso dell'intero regesto di fonti alle quali l'autrice ha attinto per comporre, scaglia su scaglia, l'elegante carapace del testo. Un metodo che, qualche anno fa, Silvia Ronchey aveva sperimentato pubblicando quello che oggi è il racconto conclusivo della raccolta, Asínen te, nel quale un impercettibile accenno tratto dall'Iliade si dilata fino a comporre un'immaginaria biografia di Omero. Ma è Il re di Asine, una poesia del premio Nobel Ghiorgios Seferis, aveva fatto notare un lettore: non sarà che la scrittrice sta copiando? No, stava citando con stile, proprio come accade in ogni pagina del Guscio della tartaruga. Bizantinista, autrice tra l'altro di un'importante decifrazione dell'urbinate Flagellazione di Cristo ( L'enigma di Piero, Rizzoli, 2006), Silvia Ronchey è attratta dal dettaglio anche minimo e dalla coincidenza apparentemente fortuita. Disposte in ordine alfabetico, le sue microbiografie sfruttano spesso la suggestione dell'accostamento casuale, in base al quale la vita brevis di Platone precede quelle del dotto esegeta Gemisto Pletone e del discepolo e perfezionatore Plotino. Ad aprire la serie è Agostino, autore forse più rispettato che amato, considerata la simpatia con cui Silvia Ronchey guarda ad altre, diverse esperienze del mondo antico: il cosmografo Manilio, lo stoico Marco Aurelio, il neopitagorico Marziano Capella… Molto rappresentato il millennio bizantino, non di rado attraverso scorci di sofisticato sincretismo (si pensi alla lettura dell'Inno acatisto di Sergio Patriarca). Ma il vero pezzo di bravura, forse, è il mosaico su Teresa d'Avila, interamente realizzato adoperando frammenti di una sola opera, Il castello interiore.
Si può volare molto in alto, quando si è capaci di citare con stile.