Esercizi di apocalisse
Lettere da Bisanzio
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La letteratura apocalittica apocrifa, tanto fortunata lungo tutto il millennio bizantino, può considerarsi un filone della letteratura mistica. «Io credo che Nostradamus fosse posseduto, ispirato, e si sa che l’ispirazione giunge confusa, come scrive Dante nel canto XVII del Paradiso: confusa come armonia d’organo da lontano», dice Quirino Principe, poeta, musicologo, demonologo, uno dei massimi esegeti delle Centurie di Michel de Nostredame, in latino Nostradamus, il medico francese che alla metà del Cinquecento, nelle sue misteriose quartine dal ritmo irregolare come un respiro turbato, lasciò profezie, e poi anche altri presagi, sul destino della specie umana e sugli eventi futuri del mondo. In molti casi, secondo i culturi delle Centurie, le profezie si sono realizzate esattamente: come quelle sulla rivoluzione francese, studiate, ad esempio, da Guido Ceronetti. Un altro grande interprete di Nostradamus nel Novecento è stato Georges Dumézil, l’autore dell’indimenticabile Monaco nero in grigio dentro Varennes. Già i loro due esempi dimostrano che praticare le Centurie non è necessariamente un abito sottoculturale, diffuso solo tra esoteristi superstiziosi, ma un esercizio letterario silenziosamente condotto da colti e grandi scrittori.
Nella settantaduesima quartina della decima centuria, Nostradamus ha previsto, per il prossimo mese di luglio, un evento singolare e inquietante, sulla cui natura non vi è mai stata, negli esegeti, alcuna certezza.
La quartina è stata oggetto di infinite congetture, spesso apocalittiche. È anche per questo, forse, che nell’aprile scorso Giovanni Paolo II, da piazza San Pietro, si è rivolto ai fedeli di tutti i continenti lanciando quasi un anatema contro «i tentativi illusori e fuorvianti di prevedere la fine del mondo». Ma, come dice Principe, se è vero che leggiamo Nostradamus da qualche secolo, non possiamo non applicarci adesso su questa quartina: «È la nostra quartina, è la quartina di quest’anno, è la quartina del prossimo mese».
«Mil-neuf-cent- neunante-neuf septième mois/du ciel viendra un Grand Roy d’Effrayeur / resusciter le GrandRoy d’Angoulmois / avant, après Mars reignait par bonne heure d’Angoulmois». Alla lettera, il primo distico si traduce così «Nel settimo mese del 1999 / verrà dal cielo un Gran Re di Terrore». Le ipotesi degli esoteristi riguardo all’oggetto di quest’ultimo epiteto appaiono tanto improbabili quanto banali e prive di fantasia: un’invasione di extra-terrestri? la deflagrazione di una bomba atomica da molti chilotoni? la caduta di un meteorite? Le scorie della kermesse esegetica sono ancora intuibili nei film americani del filone catastrofico-apocalittico, in videogiochi e wargames disseminati su Internet, ambientati, scrivono i pubblicitari, «nella Waste Land del dopo Armageddon». Grandi opere del Novecento disegnano d’altronde seducenti e terribili scenari di fine dalla Nube purpurea di Mattheiv Shiel al film di Werner Herzog La Soufrière, per girare il quale il regista e il suo operatore rischiarono e anzi contemplarono arditamente un suicidio simile a quello di Plinio il Vecchio.
«Du ciel viendra un Grand Roy d’Effrayeur». Secondo alcuni, la «terribilità» di quel Gran Re potrebbe tuttavia leggersi in un altro senso, buono accostabile ai sacri epiteti anticamente tributati al Dio giudeocristiano: phoberòs, "terribilis" in senso reverenziale. Secondo questa seconda lettura un po’ New Age dei cupi simboli di Nostradamus, la profezia di Centurie X 72 annuncerebbe l’avvento di una forza positiva, non necessariamente singola e materiale, ma collettiva e psichica piuttosto: una rinascita spirituale dell’umanità, così gravemente lesa dagli ultimi secoli di presunto progresso.