L'eredità bizantina al riparo dall'Islam
Il Papa consegna due reliquie al Patriarca Bartolomeo: gesto religioso e politico
Articolo disponibile in PDF
Un tempo, quando non c'erano ancora i mass media e la comunicazione usava altri linguaggi, quello delle reliquie era il più universale e eloquente. Le ossa dei santi viaggiavano con le legazioni e venivano scambiate fra gli Stati per sanzionare patti strategici e economici. In guerra erano il trofeo più ambito, il segno tangibile dell'appropriazione dell'identità del popolo vinto da parte del vincitore. La difesa di una reliquia poteva conferire legittimità a un impero, come accadde nel caso di Costantino per il legno della vera croce. In questo antico linguaggio si parlano oggi il Papa e il patriarca Bartolomeo, capo spirituale della chiesa ortodossa in visita a Roma. La consegna delle reliquie di due antichi padri della chiesa bizantina, richiesta al Vaticano durante lo storico incontro del luglio scorso, ha un significato simbolico profondo nella politica ecclesiastica perché è un «riavvicinamento nella piena unità, com'era prima dello scisma del 1054». Gregorio di Nazianzo e Giovanni Crisostomo erano stati nel IV secolo i fondatori della teologia ortodossa, anzi, della teologia cristiana tout court. Restituire i loro resti trafugati dai crociati durante il devastante saccheggio di Costantinopoli del 1204 non solo è una tacita ammissione di colpa storica, che ribadisce le scuse per la deviazione della Quarta Crociata finalmente espresse da Giovanni Paolo II in occasione della visita di luglio. E' anche un implicito riconoscimento dato al fondamento bizantino della cristianità. Ma a questo primo messaggio ecclesiastico se ne aggiunge oggi un altro, legato alla più incalzante attualità della politica europea: l'esigenza, esplicitamente sottolineata dal patriarca di Costantinopoli, che l'eredità bizantina sia riconosciuta anche dall'attuale governo di Ankara e non minacciata dall'integralismo islamico. La prospettiva di entrare nell'UE sembrava avere indotto la Turchia a un'apertura verso le minoranze religiose. Il primo ministro Erdogan, aveva spiegato Bartolomeo, per «inserirsi nella famiglia europea mostrava di volersi adattare alla sua legislazione» con passi precisi, tra cui la promessa di consentire la riapertura dell'antichissima scuola teologica della Chalké. Anzi, Bartolomeo aveva invitato il Papa a portare le reliquie di Nazianzeno e Crisostomo proprio in occasione della cerimonia di riapertura, il giorno della festa di sant'Andrea, patrono della chiesa di Costantinopoli. Anche qui c'entra il linguaggio delle reliquie. Era stato Paolo VI a restituire il venerato cranio dell'apostolo alla Chiesa ortodossa come primo segno di una rinnovata volontà di unione dopo secoli di contrasti. Ma oggi l'ortodossia sembra soprattutto insidiata dall'estremismo islamico. E' di tre giorni fa la dichiarazione di ostilità del Consiglio Supremo per la Sicurezza dello Stato Turco: «Si dovrà impedire ogni tentativo di cambiare lo statuto attuale del patriarcato e di riaprire la Chalké». Secondo i falchi della leadership militare, la sua riapertura costituirebbe addirittura «una minaccia alla sicurezza interna della Turchia». A essere minacciato, insinua il patriarca Bartolomeo, è a questo punto l'ingresso della Turchia in Europa, che pure il patriarcato ha sempre promosso. «Esigiamo, da cittadini pacifici e in conformità alle leggi di un paese che vuole essere bene accolto nell'UE, il rispetto dei nostri diritti di minoranza religiosa». Eppure il governo turco insiste non solo a non riconoscere lo statuto giuridico del patriarcato e la sua sovranità panortodossa, da sempre sancita dal diritto canonico, ma anche a ledere il suo diritto di proprietà, a suo tempo sancito dai sultani. La moderna repubblica turca, nata laica, sta facendo un passo indietro rispetto alle tradizioni di tolleranza dell'impero ottomano. Bisanzio è un'anima dell'Europa e il rapporto con la sua eredità è il vero metro di misura della maturità europea della Turchia. I suoi governanti dovranno dimostrare di aver saputo fare i conti con Bisanzio. Dovranno rispondere davanti a tutta l'Europa all'antica e sempre attuale domanda: «Ah, che cosa avete fatto di Bisanzio?».