Costantino, l'imperatore dei due mondi
sua eredità ? Dura fino a noi. Da Roma a Bisanzio: una storia che crolla con il Muro di Berlino
Articolo disponibile in PDF
All'inizio del quarto secolo dopo Cristo, in quel momento di difficoltà che la crisi economica del III secolo e la pressione di popoli stranieri dal Nord avevano determinato nella parte occidentale dell'impero, Costantino I il Grande non aveva fatto altro che spostarne il fulcro un po' più a Est, assecondando il movimento spontaneo di capitali e investimenti fondiari verso l'istmo orientale del Mediterraneo, cui già da qualche tempo l'aristocrazia della Prima Roma aveva puntato. Cosi, l'impero romano non è mai caduto. E i sudditi di Costantino lo hanno sempre saputo. Per undici secoli hanno continuato a considerare e chiamare «romano» il proprio Stato. «Bizantini» li definiamo noi, ma loro si autodenominavano «rhomaioi». E a buon diritto. La città che Costantino fondò nel 323 non fu una Seconda Roma solo di nome, o solo perché l'imperatore suo eponimo volle costruirla come un vero e proprio clone della prima, facendo perfino elevare artificialmente sette colli. Lo fu di fatto, perché la tradizione statale dell'impero romano tardoantico vi si trasferì pienamente e vi resistette fino al 1453. E anche oltre. Cosi, nel XV secolo la grande civiltà culturale e umanistica di Bisanzio passò direttamente il suo testimone all'Europa dando vita a ciò che chiamiamo Rinascimento e facendo tornare alla Prima Roma, dopo un'ellissi orientale di undici secoli, il culto dei classici e la filosofia platonica. Quanto alla parte propriamente politica dell'eredità del primo imperatore che rese il cristianesimo religione di Stato e tuttavia fondò il cosiddetto cesaropapismo l'estromissione del clero dal potere temporale - e quanto all'eredità civile del suo impero - la capacità di amalgamare e integrare sempre diverse etnie in un'unica civiltà politico-amministrativa -, si sarebbero trasmesse, alla caduta della «città di Costantino», in parte all'impero multietnico ottomano suo conquistatore, in parte a quello russo suo continuatore. L'impero romano non è mai caduto, O forse sì, ma molto di recente. Nel 1989, quando è caduto il muro di Berlino e l'eredità di Costantino, esplicitamente rivendicata da Ivan IV Groznij, si è vanificata definitivamente, portando conflitti in tutte le aree di quello che Fernand Braudel ha definito il «Mediterraneo Maggiore»: quelle «zone di irradiazione» della civiltà multietnica romana in cui gli imperi multinazionali che le erano succeduti avevano saputo tenere a freno i conflitti tra etnie: dai Balcani al Caucaso nel caso del blocco sovietico, per quello ottomano nelle antiche pianure della Sogdiana e della Bactriana, che oggi chiamiamo Afghanistan, Iran e Iraq, L'eredità politica di Costantino interessò anche l'Europa. Nel XV secolo, mentre Costantinopoli cadeva e mentre Lorenzo Valla metteva in dubbio la storicità della famosa «donazione» che secondo la tradizione avrebbe dato vita e liceità giuridica allo Stato della Chiesa e al potere temporale dei papi, proprio il papato di Roma cercò di riconquistare l'eredità di Costantino e dì riunirla al soglio di Pietro in un un'unica entità di diritto, anche attraverso la riunificazione con la chiesa ortodossa. Quel progetto fallì. E la mancata riappropriazione dell'eredità di Costantino da parte dell'Occidente ha lasciato aperta a un dibattito durato ancora secoli una questione non piccola: quella del potere temporale della chiesa cattolica, oggi tramutato, attraverso i mass media, in potere di intervento globale sulle controversie secolari del nostro mondo.