L'enigma di Piero
Il dipinto "La Flagellazione di Cristo" di Piero della Francesca è considerato uno dei quadri più celebri ed enigmatici della pittura rinascimentale, la cui datazione si collocherebbe intorno alla metà del XV secolo. La tavola, che è esposta in ottimo stato di conservazione nelle sale museali del Palazzo Ducale di Urbino, raffigura in primo piano tre gentiluomini che conversano incuranti del Cristo martoriato, presente sullo sfondo tra un imperturbabile Ponzio Pilato e uno sconosciuto che indossa turbante e abito turco. Quando venne rinvenuta nel 1839 dall’esperto d’arte Johann David Passavano all’interno della sacrestia della città montefeltresca, il dipinto conteneva - probabilmente ai piedi dei tre personaggi in evidenza - la scritta estrapolata dal Salmo II “Convenerunt in unum”. Un ‘indizio assai importante che fu sconsideratamente rimosso nel corso di un successivo restauro, sviando i primi tentativi d’interpretazione dell’opera. Per comprendere il significato di questa tavola, piccola ma densa di misteriosi messaggi simbolici, è necessario comprendere il contesto storico dal quale Piero della Francesca ha tratto l’ispirazione e l’esecuzione, riportando indietro le lancette dell’orologio al 1453, anno della caduta di Costantinopoli… Dipanare L’enigma di Piero, ovvero far luce sulla genesi dell’opera e gli intendimenti dell’autore, non è affare per soli critici d’arte. Lo dimostra questo denso volume di Silvia Ronchey che arricchisce l’intensa mole degli studi fin qui presenti sull’argomento, con una nuova chiave di lettura che pare in grado di penetrare il mistero in maniera forse davvero esaustiva. Lunghi anni di studi, approfondite ricerche storiche e filologiche condotte sulla civiltà bizantina – materia di cui è peraltro docente presso l’Università di Siena – le consentono qui di poter ragionevolmente sostenere che nel dipinto Piero della Francesca intendesse raffigurare il martirio della Chiesa d’Oriente. E che le tre figure poste in primo piano alluderebbero ai protagonisti del Concilio di Mantova che doveva gettare le basi della riscossa cristiana. Silvia Ronchey ama in sommo grado la storia e la ritiene un fondamentale strumento di conoscenza. Da qui le deriva un modo di narrare che frammenta il racconto in una fitta serie di digressioni, dove vicende, personaggi e luoghi sembrano rievocati appositamente per offrire infiniti percorsi paralleli. Pur senza mai perdere di vita la natura antiaccademica e anticonformista della sua scrittura, la Ronchey realizza un testo che piacerà in modo particolare a quei lettori che amano inoltrarsi, senza fretta e con curiosità, negli sprofondi di un enigma storico.