Il guscio della tartaruga
Quante sono le frasi celebri, quanti sono gli episodi significativi della vita degli uomini e delle donne illustri del passato che riusciamo a conservare nella mente?
Non tantissimi. Allora, perché non provare a rispettare i meccanismi selettivi della memoria, e costruire non sterminate bensì piccole biografie, nelle quali è concentrato solo l’essenziale?
L’esperimento, non nuovo per altro, a cui si è dedicata Silvia Ronchey, raccontando in breve sessantacinque vite di personaggi famosi in un libro intitolato Il guscio della tartaruga, con sottotitolo: Vite più che vere di persone illustri. In questo libro i lettori onnivori saranno accontentati dal principio alla fine.
Gli studiosi della filosofia potranno spaziare da Empedocle ad Agostino, da Plotino a Schpenhauer. Coloro i quali, oltre al pensiero razionale, in un’epoca di molti dubbi, ancora credono che l’anima non muoia, troveranno parecchia soddisfazione specchiandosi nelle visioni estatiche di Teresa d’Avila e Ildegarde di Bingen. I cultori dell’inconscio siederanno sul lettino di Freud. Gli appassionati delle storie d’amore riconosceranno fremiti e ardori nei ritratti di Catullo e di Saffo. Gli scrittori non potranno mancare le vite di Dickens e di Fitzgerald, di Balzac e di Flaubert. E di tutti gli altri maniaci della scrittura prigionieri di pagine, come quelle di Flaubert, talmente levigate da sembrare ossari; oppure ammalati, come Fitzgerald, di quella malattia che lui chiamava «la febbre delle frasi»: disperato nei giorni in cui non riusciva a mettere giù due parole, ma ancora più disperato in quelli nei quali si domandava «se scrivere vale la pena».