David, lo spietato re di Israele, che cantò l'abisso
TTL - Cl@assici
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David fu un pastore, un musicista, un guerriero, un santo, un re. Apparteneva alla tribù di Beniamino, visse cinque secoli prima di Pindaro. Fu un prodigio di grazia, di eleganza e di ingegno nel duro e austero Oriente semitico. Era il più giovane dei figli di suo padre, aveva il colorito roseo, i capelli di un biondo rossiccio, il corpo di un giovane cervo. Guardava il gregge carezzando le corde della sua cetra quando Samuele venne a cercarlo per portarlo alla corte di Saul. Con la fionda uccise un immane gigante. Fu un immenso poeta.
Nella storia di Israele, infatti, David commise i delitti più grandi e scrisse i versi più belli. Vennero raccolti in un libro, il cui nome, secondo un frammento del Rotolo della Guerra ritrovato a Qumran, era Libro delle Lodi (Tehillim). I Settanta Sapienti tradussero Libro dei Salmi e i cristiani lo chiamarono Salterio, perché il sostantivo ebraico mizmor, che vi ricorre, in greco si traduce psalmòs: indica un canto accompagnato dal suono di un’arpa o di una cetra. Tali si riteneva fossero i canti che lo spietato re di Israele rivolse a un’Entità misteriosa il cui nome non poteva essere detto, ma solo espresso da una sigla, un tetragramma impronunciabile, di cui non conosciamo neanche il suono: YHWH.
Nel suo Libro David cantò la depressione, l’angoscia (tsarah, “soffocamento”), la malattia, l’esilio, l’innocenza falsamente accusata, la giustizia perseguitata, la lotta con la tentazione. Nel suo Libro David fu il povero, il peccatore, il vecchio morente, il bambino non nato, il pastore errante che guarda sgomento le stelle. Fu il grido, l’invettiva, il riso incontenibile, il lamento, il silenzio della contemplazione, il brusio della meditazione, il sussurro, il singhiozzo, la protesta per l’incomprensibilità del male. La vita è una caverna, è un carcere, è una fossa comune, è l’orlo degli inferi, le furie di YHWH ci accerchiano tutto il giorno come un gorgo. YHWH ci ha plasmato nel segreto, ci ha ricamato nel profondo della terraper consegnarci come agnelli al macello e coprirci con l’ombra della morte. Ci ha concesso un pugno di giorni, la nostra durata è nulla, ogni uomo che vive è solo un soffio, va e viene come un’ombra, aleggia invano come vento. YHWH ci sottrae il sonnoe noi sopravviviamo nell’angoscia, il dolore ci consuma gli occhi e la gola e per la pena si consumano le nostre ossa.
Tuttavia, secondo David la nostra anima desidera Dio come il cervo l’acqua di fonte, ed è sempre triste e turbata perché non trova mai quella fonte. Secondo David l’abisso invoca l’abisso con la voce delle cascate di YHWH, e le nostre ossa sono spezzate perché tutte le ondate e i flutti di YHWH sono passati su di noi. Un filosofo africano che si trovò a commentare in pubblico questo salmo alla caduta dell’impero romano spiegò che l’abisso è il cuore dell’uomo, di una profondità inconcepibile e impenetrabile: chi di noi comprende che cosa dentro di sé fa, può, medita, dispone, vuole o non vuole? L’abisso invoca l’abisso significa l’uomo invoca l’uomo, e solo così si apprende la sapienza, perché nell’uomo c’è tanta profondità da restare nascosta anche all’uomo nel quale si trova. Secondo Agostino, la fonte di cui parla David è una luce che non conoscono gli occhi del corpo ma solo il terzo occhio, l’occhio interiore, e alla quale desidera attingere la sete interiore. Corri alla fonte, ma non correre in qualunque modo, vuol dire David, come un qualsiasi animale: corri come un cervo. Che significa come un cervo? Non essere lento nel correre. Corri svelto, desidera svelto.
IL LIBRO
I Salmi, introduzione e traduzione di Enzo Bianchi, Mondadori, 242 pp., £ 32.000