La storia inizia dal tradimento del pianeta
Peter Frankopan è lo studioso di Oxford che si occupa da tempo di ricostruire su scala globale il passato dell'umanità. Nel nuovo volume affronta il tema chiave del rapporto con la natura
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“La prima cosa scritta nella storia è un avvertimento sulla sostenibilità ambientale. Nel mito di fondazione del monoteismo dio crea un ambiente ecologicamente perfetto dove collocare la prima coppia di esseri umani. La storia umana ha inizio con la cacciata di Adamo ed Eva dal giardino dell’Eden, ossia con la condanna a una vita di incertezza ecologica. Le diverse religioni, che siano giudaismo, cristianesimo, islam o buddismo e induismo, concepiscono diversamente l’ecosistema, gli animali, le piante, danno risposte etiche differenti, ma tutte altamente sensibili alla questione dell’ambiente. E’ evidente, leggendo i testi religiosi, l’importanza in ogni diversa fede della concezione del clima e degli avvertimenti morali che ciascuna fornisce al riguardo. Al centro della maggior parte dei sistemi di credenze è il cielo, dove si trovano il sole, che colpisce la terra col suo calore, e le nuvole, che le mandano pioggia, troppo poca o troppa, come nel caso del grande mito del diluvio. Questi messaggi hanno un suono particolare oggi, nel ventunesimo secolo, un’epoca di collasso del rispetto per l’ambiente, di suo sfruttamento sconsiderato, di disobbedienza o mancanza di morale ecologica”.
Peter Frankopan, cattedratico di Oxford, “rockstar don”, com’è stato definito dalla BBC, opinionista ascoltato dal grande pubblico come dai governi, è uno dei massimi esponenti della World History. Le sue Vie della seta — best seller e long seller internazionali, classici contemporanei — hanno insegnato a milioni di lettori a guardare la storia su scala mondiale, allargando lo sguardo in orizzontale alle connessioni e interazioni che l’occidente ha sempre avuto con l’est e con il sud. Nel suo ultimo libro, acclamato dai critici di tutto il mondo, bestseller in sette paesi e appena tradotto in Italia (Tra la terra e il Cielo. L’uomo e la natura, una storia millenaria, Mondadori, 767 pp., 35€), lo sguardo si estende in verticale a quell’ordine di relazioni che lega gli esseri umani alla terra, per descrivere il loro impatto sulla storia del pianeta, dalle origini della vita fino ai nostri tempi. “Da storico del mondo è diventato storico della terra?”. Sorride, seduto nella sua casa di Summertown, alla vigilia di uno dei suoi continui viaggi.
“Il punto è che in quanto storico globale ho l’obbligo e la responsabilità di scrivere di ciò che viene escluso dalla storia. Ho cominciato, all’inizio della mia carriera, con Bisanzio, un impero millenario letteralmente rimosso dall’occidente, ma poi, percorrendo da lì le vie della seta, lo sguardo si è esteso a una quantità di altri mondi. In questo libro mi spingo ancora oltre, in regioni in cui non mi ero mai avventurato, dalla Thailandia all’Africa, dal Pacifico alla Mesoamerica, esploro le culture indigene, le comunità tribali, le popolazioni della foresta, le genti nomadi, accomunate da una diversa conservazione del proprio passato e perciò escluse dalla storia tradizionale. Già in questo sono diventato ancora più globale. Ma l’attenzione alla storia non scritta mi ha portato anche ad analizzare la materia storica attraverso le scienze dure”.
D. In che modo? Qualche esempio.
R. La storiografia tradizionale si occupa dei potenti. Ma per capire il formarsi delle gerarchie sociali dobbiamo tenere conto del consumo di calorie, dunque della cottura, principalmente della carne, necessaria per renderla digeribile. Il che ci porta alla deforestazione dell’impero romano, al prezzo del legname. E nello stesso tempo ai tabù religiosi che circondavano lo sfruttamento della terra, in Erodoto come nel Corano, e che dimostrano quanto il mondo antico fosse preoccupato che l’abbattimento degli alberi potesse da un lato cambiare l’andamento delle piogge, d’altro lato causare un degrado del suolo dovuto al suo sovrasfruttamento. Fare storia globale significa pensare grande, trasversalmente alle epoche, per macrotemi, capire che cosa ci unisce e che cosa ci divide, e dove e perché si sono verificati i collassi, le fratture, e capire cosa e come imparare dal passato nel suo insieme. E farlo è bellissimo.
D. Parlando di fratture e collassi, ci troviamo, in Europa e in generale nel vecchio mondo, in una fase di declino, o comunque di cambiamento. C’è chi la paragona alla vigilia della caduta dell’impero romano d’occidente, e, come già gli storici ottocenteschi la riconducevano alla grande peste antonina, riconduce alla pandemia da Covid-19 l’acuirsi della crisi economica, la fine dell’economia globalizzata, il revival dei nazionalismi e dei sovranismi.
R. Non sono d’accordo con quest’analisi. Non credo che si stia assistendo a una deglobalizzazione, anche se se ne parla molto, né che sia in atto una crisi economica. Da storico distinguo ciò che posso pensare o sentire dall’evidenza dei dati. Ad oggi, aprile 2024, i livelli del commercio globale sono i più alti che il mondo abbia mai conosciuto. L’anno scorso il volume degli scambi tra Stati Uniti e Cina ha raggiunto il massimo storico. Il che fa pensare che stia avvenendo esattamente il contrario di una deglobalizzazione economica: che il mondo si stia muovendo sempre più velocemente verso l’integrazione. E anche se, è vero, il vecchio mondo occidentale si sta isolando, non dobbiamo dimenticare che l’85 per cento del globo non è né Europa né Stati Uniti. Non mi sembra che il nostro sia un mondo in cui tutti siano sul punto di prendere le armi. Piuttosto, il problema è l’enorme debito che grava sulle nazioni sviluppate. E la paura del futuro che il Covid-19 ha scatenato in questi paesi ha fatto prendere decisioni dettate dall’ansia e spesso avventate e nefaste. Siano peraltro alla vigilia di una tornata elettorale in molti paesi dell’occidente, dove i politici continueranno purtroppo a proporre soluzioni semplici a problemi complessi.
D. Sempre che li affrontino. Che cosa suggerisce per risolvere quelli dell’ecologia e del clima, dopo che nel suo libro ha letto l’intera storia del mondo alla luce di questi fattori?
R. Anzitutto occorre educare i cittadini alla comprensione della realtà. Bisogna spiegare alle persone che il collasso ecologico è la realtà attuale del continente in cui vivono, non una minaccia lontana. Dobbiamo spiegare che l’8 per cento delle morti nell’Unione Europea sono legate all’inalazione delle microparticelle prodotte dai combustibili fossili o dai copertoni delle auto. Dobbiamo capire che queste morti non dipendono, o non solo, dai cattivi governanti, ma dal modo di vita che noi stessi abbiamo scelto. Ho letto stamattina un nuovo rapporto pubblicato da una rivista medica sui risultati dei test per microplastiche effettuati sulle placente di donne che avevano appena partorito. Ogni singola placenta conteneva microplastiche. La causa sono i detergenti che usiamo. In questo caso, è un difetto di regolamentazione, unito alle aspettative di profitto degli azionisti. Ma personalmente non credo sia un problema di leadership o di classi dirigenti. Dipende semplicemente dal fatto che non capiamo. Andiamo al pub e non ci rendiamo conto che è l’anidride carbonica a produrre le bollicine delle nostre birre.
D. Una delle principali responsabili del riscaldamento climatico.
R. L’Europa si sta surriscaldando più velocemente degli altri continenti. La crisi idrica in Catalogna fa sì che in una delle città più importanti d’Europa, Barcellona, i cittadini non possano aprire i rubinetti dell’acqua se non con pesanti restrizioni. La chimica del suolo di gran parte della Spagna è stata devastata negli ultimi venti mesi dalla siccità. Un quarto dell’Europa, incluso il Regno Unito, è in emergenza idrica. I prezzi del grano salgono non solo perché Putin ha invaso l’Ucraina ma anche perché è più difficile coltivare in un mondo in cui troppi agricoltori lo scorso anno non hanno portato a casa il raccolto perché c’è stata troppa pioggia. Nel sud dell’Inghilterra quest’anno nessuno ha seminato per via delle piogge torrenziali, di portata quasi senza precedenti nella storia. Ero in viaggio a metà dicembre. Sa di quanto è salita sopra la media la temperatura dell’emisfero nord nel suo complesso? Sarei stato già sconvolto se fosse salita di due o tre gradi. Non riesco quasi a dirlo…
D. Lo dica.
R. A metà dicembre 2023 la temperatura dell’emisfero nord era venti gradi sopra la media. Che cosa significa? Non solo per noi, ma per le piante, per gli altri animali, per i raccolti, per l’acqua? Non pensare a queste cose, qui, adesso, bè, è pericoloso come addormentarsi al volante.