Maitre à vivre
L’arte e il denaro, i viaggi e il lavoro, amore e la solitudine. Silvia Ronchey ha affrontato i temi legati all’esistenza di ognuno con un intenditore d’eccezione: Michele di Grecia, il principe-scrittore dalle origini cosmopolite
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«Quando mi chiedono di spiegare le mie origini rispondo sempre nello stesso modo: mio padre era greco, mia madre francese, mio nonno danese, mia nonna russa e l’altra nonna mezza spagnola. Ognuno di loro apparteneva alla famiglia reale del suo Paese». Sorride Michele di Grecia, avvolto nella sua vestaglia bizantina, fra i ritratti degli storici antenati: dai reali inglesi a Sissi e all’ultimo zar. La camera da letto della sua residenza parigina è tutta un girotondo d’icone intorno al grande talamo d'oro a baldacchino appartenuto a sir Arthur Conan Doyle.
Nello studio, sontuosamente orientaleggiante, gli antichi idoli e le copies d'ancien si alternano a sculture d'avanguardia e ai grandi quadri della moglie Marina, celebre pittrice. Il padrone di casa ha appena pubblicato i suoi ricordi, Mémoires insolites, ed è assediato dalle televisioni e dai tabloid di mezzo mondo. Perché è un raro esemplare di principe intellettuale. Perché è un maestro dell’arte di vivere. E perché le due identità, quella di scrittore e quella di viveur, per lui sono inscindibili, «Per me vivere bene coincide con l'essere scrittore. Per scrivere bene bisogna sapere amare e apprezzare la vita in ogni suo aspetto. Bisogna far passare nella propria creatività l'essenza della vita, perché sia interessante».
Principe Michele, l'aristocrazia ha ancora qualcosa da insegnare alla società moderna sull'arte di vivere?
Oggi non c’è più aristocrazia, ci sono le star. E le nuove corti sono i media: la televisione, il cinema, i giornali. Ma esistono persone che mantengono delle tradizioni. Non la si può definire una classe. Le mie origini e la mia educazione non hanno influito sul mio modo di vita. Sono stato educato a una grande austerità, in cui non si badava a vivere bene. Anzi, ora che ci penso la mia pulsione al bel vivere è proprio una reazione alla mia infanzia.
Per vivere bene bisogna essere ricchi?
No, ma benestanti sì. Oggi i ricchi sono sempre più numerosi e più ricchi, mentre la classe media, di cui credo di far parte, è sempre meno ricca. Ma ha pur sempre del denaro. Per vivere bene occorre avere del tempo e per questo, solo per questo, occorre denaro. In molti Paesi, come ad esempio l'America, si ha molto denaro, ma non il minimo tempo libero. Occorre concederselo, invece, e saperlo coltivare.
Diceva Thomas Mann «La capacità di godere richiede cultura, e la cultura equivale poi sempre alla capacità di godere». È d'accordo?
Sì, nel senso che la cosa essenziale è sapere bene cosa vogliamo, cosa fa per noi. Sembra facile, ma non lo è, e in questo essere ricchi non aiuta, anzi. Per sapere davvero che cosa si desidera bisogna eliminare una serie di falsi desideri. Ciò che si crede di volere, ma non è essenziale.
Quali sono nel mondo contemporaneo i luoghi più adatti a esercitare l'arte di vivere?
Non ce ne sono di privilegiati, o meglio ognuno ha e deve scoprire i suoi. Viaggiando. Ma per viaggiare bene è indispensabile la privacy.
Qual è la differenza tra il bel vivere e il lusso?
Non hanno niente a che fare tra loro. Detesto i grand hotel, che ormai sono diventati orrende fabbriche. Amo i piccoli alberghi e non è indispensabile che siano, come si dice oggi, di charme, ma alberghi che abbiano dello charme: è ben diverso.
Qualche consiglio per viaggiare bene con un piccolo budget?
La cosa migliore sarebbe farlo fuori stagione, ma non è possibile a tutti. Comunque anche in agosto si possono trovare circuiti poco battuti. Basta guardare la Grecia, che in piena estate ha isole poco note e praticamente deserte. È lo stesso per Venezia. Basta infilare un vicolo e a dieci metri da un’orda di giapponesi si è soli. Accanto a monumenti sublimi semisconosciuti.
Per stare bene, quindi, bisogna isolarsi dalla massa?
Non necessariamente. Passeggiare in un bazar orientale affollato è una delizia. Perché la folla di un bazar sa sempre rispettare gli altri. Non si viene mai spinti, insultati. Le persone sono gentili. Ma in generale non amo i posti molto frequentati e neanche quelli rumorosi. Amo il silenzio. Penso all'isola di Patmos, dove abbiamo una casa. C’è solo il suono del vento. Amo molto la natura, sono riconoscente per la serenità che mi dà. E amo le cose antiche. Non posso andare in un Paese privo di monumenti.
Ne In viaggio con la zia di Graham Greene il protagonista, quando non viaggia, cambia stanza ogni giorno perché, dice, l'abitudine accorcia il nostro tempo e appanna la nostra percezione. Lo pensa anche lei?
Una componente notevole dell'arte di vivere è il contrasto. Passo buona parte dell’anno a Parigi, un'altra in Grecia e un'altra in Messico. Il fatto di cambiare, anche se sono spostamenti che si ripetono, mi fa apprezzare tutto di più. Quando lascio il Messico apprezzo di più la Grecia, quando lascio la Grecia apprezzo di più Parigi.
Chi le ha insegnato l’arte di vivere?
La mia maestra di vita è stata una nonna, Isabella di Francia, duchessa di Guisa. Viveva in un grande palazzo in Marocco. Andavo a farle visita ogni anno. Le sue ultime parole sono state: «Non c’è vita senza amore».
Qual è la sua filosofia?
La mia filosofia di vita si basa sul lavoro. L’ho scelto, lo faccio con piacere. Se non lavoro mi deprimo, ma devo ammettere che faccio solo quello che mi piace. E mi sono creato una mia religione: ho la mia metafisica, la mia etica, la mia spiritualità. Sono cose indispensabili per vivere bene. Penso che chi non crede in una qualsiasi forma di sopravvivenza dell’anima sia terribilmente triste. E il senso del dovere è necessario per vivere bene. Ognuno di noi ha delle responsabilità verso il suo prossimo e deve assumersele sorridendo. Fa parte delle regole della vita e dunque del bel vivere.
L'uomo si giudica dall'apparenza, diceva Oscar Wilde. Conta l'eleganza?
Bisogna cercare di essere eleganti anche solo per riguardo verso gli altri. Ma è qualcosa che non si limita ai vestiti: è nel comportamento, nel tono, nei gesti. Quanto agli abiti, la ricetta dell’eleganza è la semplicità, la naturalezza e l’autenticità. L’eccentricità mi piace molto, anche se non la pratico, e ci si può vestire in modo assolutamente eccentrico, purché non sia mai artificiale. Solo l'affettazione fa perdere eleganza.
Montesquieu diceva che l'arredamento è uno stato d’animo. Quanto contano i begli oggetti nel bel vivere? E qual è il suo rapporto con i marchi, in una società che ne è ossessionata?
Quando ero più giovane tendevo a spendere e ad accumulare oggetti. Mi sarebbe piaciuto avere un’immensa fortuna per potermi comprare quadri, mobili, gioielli antichi. Oggi quelli che ho mi bastano e preferisco l’ammirazione al possesso. Ho sempre voglia di scoprire nuovi capolavori in casa degli altri o nei musei. Quanto alle griffe, le disprezzo totalmente.
Ma il consumo non può aiutare, a volte, fare da antidepressivo?
Si, esiste un consumo contro il dolore: il consumo dei libri. Quando c’è qualcosa che mi irrita corro in libreria a comprare un bel libro d’arte. Ma è solo un rimedio temporaneo. La depressione è una cosa seria. Non posso dire di conoscerla veramente. Diciamo che non mi riconosco il diritto di essere depresso. Comunque la cosa che aiuta di più, l’unica in grado di aiutare tutti noi, è quella di circondarci di persone che ci amano.
«Non esistono amori felici», diceva Aragon, ed è una verità nota da sempre. La passione è compatibile con l'arte di vivere?
La passione è contraria all’arte di vivere perché brucia e fa soffrire anche se è condivisa. Per cui non è conciliabile con uno stile di vita felice. Al contrario dell’amore, che invece è indispensabile. Ma la passione fa parte della vita, è una situazione, uno stato d’animo che talora si manifesta, un eccesso spiacevole, ma in ogni caso inscindibile dall’esistenza. E necessario conoscerla e se si ama davvero la vita è difficile non incontrare la passione almeno una volta.
Come regolarsi con l’amore carnale, per un saggio uso della vita?
Il piacere fisico è indispensabile per vivere bene. Non è perché il cristianesimo da duemila anni ha condannato il sesso e ha fatto di tutto per svilirlo che bisogna vergognarsene, niente affatto. Bisogna rispettarlo e amarlo come una forma di salute dell'anima. Ma praticarlo con misura e con le persone più adatte.
Si vive meglio da soli o in coppia?
Bisogna stare soli, ma non in solitudine. Ho la fortuna di vivere da quarant’anni con la stessa donna e ringrazio il cielo. Vivere in coppia è la sola cosa che dà senso alla vita.
Non c’è vita senza sofferenza e la causa della sofferenza è il desiderio, diceva il Buddha. Per vivere senza dolore bisognerebbe eliminare i desideri?
Non è detto che il desiderio comporti automaticamente la sofferenza. Rispetto i grandi maestri che hanno predicato la soppressione dei desideri, ma sono totalmente e decisamente contrario. Non siamo fatti per vivere da asceti su una montagna, dobbiamo vivere in una società tutta fondata sul desiderio. Il segreto per evitare il dolore è tenere saldo il timone dei desideri: riorientarli costantemente, modularli, adattarli alla realtà, evitare di perdersi. Perché solo l’assenza di desideri è morte.