Facciamo la storia dei papi. Anzi parliamo di Wojtyla
"Il grande libro dei papi" di M. Greshat e E. Guerriero
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Niccolò V, il grande papa amico di Bisanzio, bibliofilo e creatore della Biblioteca Vaticana, protettore di copisti e filologi incluso Lorenzo Valla, lo studioso che nel 1410 dimostrò la falsità della «Donazione di Costantino» -, occupa circa quattro colonne di testo sulle 2788 del Grande libro dei papi: due volumi più un Cd con le voci degli ultimi. Non più i curatori dell'importante monumento hanno concesso al pontefice-simbolo di quella compenetrazione oggi così difficile tra Chiesa e cultura, che fu la stagione umanistica. Piacciono invece, e molto, gli anni del pontificato di Karol Wojtyla, colui «che ha avvicinato il ministero petrino all'uomo della nostra epoca», il papa al quale è dedicata la voce più cospicua del libro. Suddivisa in capitoli, corredala da suggestive immagini e da una puntuale cronologia, la voce «Giovanni Paolo II» è ricca delle informazioni più varie. Le esperienze giovanili «sconosciute ai predecessori recenti: la comunanza di vita con i coetanei, comprese le ragazze, fino ai 24 anni» si legge, nonché le «svariate attività atletiche e la partecipazione a un gruppo teatrale clandestino durante la guerra» hanno contribuito alla formazione di un papa «estroverso e sportivo». Ma anche risolutamente politico. «Io ho avuto paura a ricevere questa nomina», ammette Wojtyla con l’«enigmatica» frase con cui si rivolge per la prima volta alla folla riunita per la rituale benedizione in piazza San Pietro. Non troppo difficile da capire, in verità; e chiara a tutti dopo gli spari della Browning calibro 9, che Io feriranno meno di tre anni dopo. Proprio quel 13 maggio 1981 sembra avere avuto inizio l'escalation nella sfida al potere comunista sovietico del papa polacco, che aveva scandito come motto, alla celebrazione di apertura del servizio pontificale, il celebre: «Spalancate le porte a Cristo!». Di fatto, si aprì una breccia nel muro di Berlino. L'ultimo papa ha cambiato la storia dell'Europa orientale, che ha contribuito a consegnare all'economia dell'Occidente, ma anche il destino del Terzo Mondo, di cui ha incoraggiato, con l'evangelizzazione, l'incremento demografico. Non è univoco, tuttavia, il giudizio storico-ecclesiastico che traspare dal puntiglioso lavoro di ricostruzione di chi ha esteso il lemma «Giovanni Paolo II». Se lo scontro col comunismo e la conquista del Terzo Mondo vengono valutati come pregi storici della politica ecclesiastica di Wojtyla, «meno chiaro è il segno del pontificato in campo ecumenico», in particolare riguardo alla Chiesa ortodossa. E «all'interno di quella cattolica la ricezione è anche più contrastata: Giovanni Paolo ha rotto con il tradizionalismo lefevriano e con i teologi contestatori, ha sfidato l'opinione pubblica progressista e quella conservatrice».