Bisanzio può attendere
Il mea culpa mancato
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Ieri, prima domenica di Quaresima dell'Anno Santo, Giornata del Perdono, il mea culpa dei Papa sui temi anticipati dal documento Memoria e riconciliazione si è incastonato in una Liturgia del Perdono nello stile penitenziale dei papi seicenteschi. Il pontefice ha elencato sette colpe, sulle quali sette cardinali sono poi intervenuti con più circostanziate e calibrate scuse. Ma nessun porporato, pronunciandosi sulla seconda colpa - la divisione delle Chiese - ha sfiorato la questione dello scisma del 1054 tra Oriente e Occidente, nè tanto meno addotto quelle scuse per le atrocità contro Bisanzio, lungamente attese dal clero ortodosso. Eppure poco tempo fa il cardinale di Praga Vlk, presidente della Conferenza Episcopale Europea, si era scusato ad Atene per la presa di Costantinopoli del 1204, devastata dai cristiani della Quarta Crociata per insediarvi un patriarca latino. E già Innocenzo III, papa non certo politicamente remissivo, nel 1205 aveva anticipato quella che oggi si considererebbe un'assunzione di colpa storica, scrivendo che "giustamente il rancore dei greci si sarebbe scatenato". Da ultimo, negli ambienti ortodossi, si era diffusa la speranza che in Valicano si preparasse un documento di scuse a Bisanzio per la prevista giornata di penitenza storica del 12 marzo. Ma l'occasione non è stata colta. Eppure il mea culpa che Giovanni Paolo II non ha fatto sarebbe stato il più significativo. Se ancora oggi atrocità simili a quelle dei crociati vengono commesse nei Balcani, non è certo senza legame con la deliberata liquidazione di Bisanzio per gli interessi confessionali del cattolicesimo temporale intrecciati agli interessi finanziari di quella che D'Annunzio nelle Laudi, definì «la vecchia Europa avara e mentecatta / che lasciò solo il triste Costantino, / solo a cavallo nella sua disfatta, / ultimo imperatore bizantino». In realtà il concetto di scuse storiche è considerato bizzarro e arbitrario perfino da molti teologi. Proprio sabato, nel Palazzo episcopale di Arezzo, al convegno sulla «Purificazione della memoria» organizzato dal vescovo Gualtiero Bassetti, la base culturale e dogmatica delle dichiarazioni attese dal Papa è stata discussa appunto in relazione allo scisma e al possibile avvicinamento tra le Chiese. Prelati come Walter Brandmiiller, presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche in Vaticano, storici della Chiesa come Cesare Vasoli, Fabrizio Eabbrini, Claudio Leonardi, di indubbio orientamento cattolico, si sono interrogati sulla liceità dell'operazione penitenziale. Con imbarazzo si è specificato che secondo il dogma la Chiesa è maestra anche quando chiede perdono, poiché non lo chiede per sé, ma per i peccati dei suoi figli, e i peccati umani sono imperscrutabili: li vede solo Dio. «Nigra sum sed formosa», ha scritto -citando il Cantico dei cantici - quell'accortissimo teologo che è Josef Ratzinger sull’Osservatore Romano di giovedì scorso, volendo significare: di qualunque cosa si macchi, la Chiesa rimane «bella».