La rivincita delle mistiche cristiane
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Mai come in questo periodo di opposti integralismi un nuovo medioevo sembra avere calato le sue tenebre su quella che fino a poco tempo fa non si dubitava fosse l’unica definitiva conquista del Novecento: l’emancipazione femminile. Mai come in questo periodo i pronunciamenti delle autorità religiose hanno colpito la donna: in particolare quelli provenienti dalla Chiesa cristiana, che pure dovrebbe essere interprete e anzi ispiratrice di quella che chiamiamo civiltà occidentale.
I fondamentalisti cattolici tentano di rimettere in discussione l’autonomia della donna in più sfere della sua vita, la sua libertà di scelta e perfino il suo diritto all’habeas corpus. Affermazioni strumentalmente amplificate dai media e assecondate anche da esponenti della scienza, come i primari romani firmatari della petizione di diritto dei medici a decidere sul feto contro la volontà della madre, malgrado le obiezioni degli esperti di bioetica sull’impossibilità di escludere i genitori dalla decisione sul proprio figlio.
Se già quattro anni fa, nella sua famosa “Lettera ai vescovi”, l’allora cardinale Ratzinger contrapponeva una discriminazione deterministica del ruolo della donna alla libertà di far prevalere nelle scelte di vita la parte maschile o femminile di sé, e sentenziava che la sua vocazione prioritaria è la famiglia, nei recentissimi portati del suo magistero papale l’opzione di scelta della donna è arretrata ulteriormente rispetto alle posizioni assunte dai teologi del Novecento.
Se un ritorno di spiritualità pervade la nostra società orfana di ideologie secolari di salvezza, tanto più le gerarchie cattoliche e i teocon dovrebbero ricordare che è proprio dal seno della Chiesa cristiana che la scrittura e la riflessione femminili sono emerse e si sono manifestate al mondo.
Nell’età aurea del cristianesimo, nel pieno del “tenebroso” medioevo, un esercito di donne colte e forti, dallo spirito libero e dalla prosa superba, aveva già sfidato le oppressioni della cultura dominante. E lo aveva fatto dall’interno della Chiesa cattolica. In una prospettiva rigorosamente storica, l'attività e la scrittura delle mistiche cristiane è la più grande se non forse l'unica vera traccia femminile impressa alla storia universale della letteratura e del pensiero.
Da quell’inestimabile tesoro non può non partire oggi una Gendered History della nostra letteratura. Una consapevolezza fino a poco tempo fa privilegio di pochi iniziati – da Giovanni Pozzi a Elémire Zolla - ma oggi riconosciuta anche dalla nostra istituzione universitaria più prestigiosa, il Sum, L’Istituto Superiore di Scienze Umane, che domani inaugura a New York, in collaborazione con la New York University, il più grande convegno scientifico mai organizzato sulla letteratura italiana femminile dai suoi esordi al Novecento. E lo apre proprio con una trattazione articolata della letteratura delle mistiche: da Chiara di Assisi a Angela da Foligno, da Caterina da Siena a Brigida di Svezia, i massimi studiosi mondiali riscriveranno la storia della scrittura femminile, estirpando convenzioni, correggendo definizioni, riequilibrando il peso della più fortunata scrittura delle donne contemporanee con quello delle antiche, straordinarie voci di donne per cui il non sposarsi, il non essere madri, l’isolarsi nel nubilato era stato l’equivalente di quella "stanza tutta per sé" che Virginia Woolf avrebbe eletto a simbolo della possibilità stessa di pensare, inventare, scrivere.
Lo storico convegno di New York celebra donne che elaborarono, come nel caso di Ildegarda di Bingen, una scienza da cui avrebbero da imparare i medici di oggi. Donne che furono giudicate anoressiche, isteriche, forse epilettiche, ma attraverso le quali l’intelligenza e l’indipendenza femminile fecero breccia all’interno stesso di quella Chiesa cattolica oggi così avara di riconoscimenti all’identità femminile.