Steve Runciman
Il cronista della caduta degli imperi
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Ritratto da Cecil Beaton, poco più che ventenne, indossava un kimono di seta e tra le dita diafane reggeva un usignolo di rara bellezza, di quelli che gli antichi imperatori orientali rinchiudevano in gabbie d'oro. Anche lui, Steven Runciman, aveva avuto in dono una bellezza rara, e altre doti che raramente si uniscono: un'intelligenza anticonformista, una vocazione alla scoperta, una vera e solida cultura classica, radicate nella sfera più alta di una élite in declino, l'aristocrazia britannica. Ma la sua vita di esteta migratore e cronista della caduta degli imperi non si lasciò mai imprigionare nella rete di quella casta, e neppure confinare oltre una cortina di ferro, come avvenne ai coetanei del gruppo di Cambridge, che scelsero di porre la stessa diversità al servizio dell’impero comunista. Il suo percorso si snodò, come il loro, da ovest verso est, ma fu se mai accostabile a quello di Maurice Bowra, il grecista di Oxford, o dello storico dell'arte Anthony Blunt, che diversamente da Philby, Burgess e Mclean restarono protetti dalla solidità degli studi e dalla solidarietà della corona.
Nato a Scotswood nel 1903, Runciman iniziò la sua carriera come medievista, ma già negli anni trenta pubblicò i primi saggi sull'impero bizantino. Rimasto a insegnare a Cambridge dal '31 al '38, all’inizio della guerra il governo di Sua Maestà gli consenti di trasferirsi dall'Inghilterra al Mar Nero. Nel '40 e '41 fu all'ambasciata britannica di Sofia. Negli anni di fuoco del conflitto mondiale ('42-'45) insegnò arte e storia bizantina all'università di Istanbul. Durante l'occupazione inglese della Grecia e della sanguinosa guerra civile, dal '45 al '47, fu insediato al British Council di Atene. Un itinerario geopolitico, oltreché scientifico, avventuroso, leggendario, che trascendeva la routine accademica. Tenendosi così stretto alla storia del secolo breve, Runciman comprese a fondo e raccontò la storia, semignorata ma lunga un millennio, dell'antica autocrazia il cui fantasma statale dominava ancora le società microasiatiche, slave e balcaniche in mezzo alle quali era stato inviato. L'opera che lo ha reso celebre, la monumentale e laica Storia delle crociate, contribuì per prima a dissolvere la leggenda della guerra santa: abbandonando la prospettiva eurocentrica, ne svelò al pubblico la cruda realtà. E quell'altro esile capolavoro, Gli ultimi giorni di Costantinopoli, sarebbe stato impossibile da scrivere senza una perfetta conoscenza strategico-militare dell'assetto navale del Bosforo. L'esperienza diretta, segreta della politica illuminava il suo sguardo di storico, così come l'attualizzazione della storia lo guidava a capire la politica. Tornato in Gran Bretagna, Runciman sommò agli onori accademici titoli bizzarri, come quello di Grande Oratore della Grande Chiesa presso il Patriarcato Ortodosso, e benemerenze eccentriche, come quella di Derviscio Rotante Onorario. Continuò a viaggiare, nello spazio come nel tempo, fornendo nel suo ultimo libro le mappe segrete di quanto la modernità ha risparmiato del mondo: dalla Ur dei Caldei agli ultimi capisaldi della tradizione in un paese, la Romania, che ancora porta il vero nome di Bisanzio.