Alla mia corte parlavano tre lingue
La Sicilia e i Normanni
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I re normanni usavano il parasole da cerimonia: un ombrello rigido, «elegante di lavorazione e di colori, ornato di pietre rare e preziose, sì che abbagliava la vista e facea maravigliare chi lo guardasse». Si diceva di più, «che il re fosse musulmano». Sua era «la maestà sublime, la ruggeriana, la suprema». L’ornamento inviato dai califfi fatimidi d’Egitto ai conquistatori nordici e cristiani della Sicilia sanciva particolarmente la legittima sovranità degli Altavilla sugli arabi assoggettati e testimoniava un modello autocratico proveniente dal mondo greco bizantino prima ancora che islamico. La sovranità assoluta dei re di Sicilia si esercitava infatti su un popolo che la pluralità delle fonti latine, franche e germaniche, oltreché arabe, raffigura turbolento e malfido aggregato di etnie, plebe priva d un’idea distato, ma anche di un’etica o d’una fede unitaria: «Quest'isola produce tiranni» scrive l’imperatore d’Oriente Manuele Comneno, per cui Ruggero si conduce «secondo il modello degli antichi tiranni della Magna Grecia».
In realtà la forma di governo che i «sovrani rossi di capelli e di barba» adottarono, nell’ isola dove già Platone sperimentò senza successo la sua utopia oligarchica, somiglia molto alla tyrannis nell’accezione classica e postclassica, greca, romana e poi appunto «romèa» della parola, per cui è tirannico quei potere che si alimenta del rapporto privilegiato e diretto con le masse: di un consenso irrazionale ed effimero che esclude i nobili, i guerrieri, l’élite dei pari, nell’ assenza d’una classe mercantile penalizzata sul nascere dalle fallite rivolte locali. Conferma di quest’affinità, alla fine dell'XI secolo, è la legislazione fondamentalmente giustinianea ed è la stessa immagine che questi sovrani vollero dare di se nei protocolli cancellereschi e nel cerimoniale di corte. L’agnizione, dunque, di questa matrice ideologica greco-orientale tra le fonti definito della monarchia normanna inserisce il saggio di Cantarella nel più recente e importante filone di studi sull’Italia medievale, che ha preso atto del ruolo determinante della cultura e della storia politica bizantine nelle vicende del Mediterraneo occidentale.
«Là dove si congiungono i due mari, là s’accalcano i piaceri». La prosa tecnica e digressiva di Cantarella accosta le fonti arabe a quelle latine (non però alle greche), si imbatte nell’Amari come in Tommasi di Lampedusa, evoca l'Enrico Plantageneto di Shakespeare nel dipingere l’esotica corte della trilingue Palermo, «specie di dorato macello»; evoca le sgargianti scritte cufiche che i re nordici tengono sulle facciate bianche delle proprie regge «come un’invocazione magica»; ricorda i temerari frànconi e gli attoniti inglesi, i cavalieri e gli eunuchi, i «politeisti» greci fatti emiri e vizir.